Un ponte fra due continenti

Ci si ritrova spesso a discutere su quale sia l’approccio medico migliore, quale sia il più evoluto il più adatto e quale superiore agli altri, si parla di medicina allopatica contro le medicine tradizionali, omeopatiche o naturali. Ma tutto questo senza tener conto, a mio modesto parere, di un piccolo particolare la medicina di Ippocrate e quelle tradizionali di origine araba o asiatica si sono incontrate e vicendevolmente contaminate.
Se solo si potesse dedicare del tempo alla lettura del testo del Prof Filliozat “The Classical Doctrine of Indian Medicine – Its origins and its Greek Parallels” potremmo scoprire i legami tra la Charaka Samita ed il Manuale Ippocratico sui venti. Le connessioni tra Grecia ed India prima delle invasioni di Alessandro e gli approcci diagnostici delle medicine accadiche, greche ed indiane, per scoprire che in molte esistono principi ricorrente ma che assumo nomi o connatazioni differenti. 
Umori, dosha o venti ogni teoria è stata nei secoli applicata dal singolo paese, ognuna efficace ognuna valida, nessuna inferiore all’altra e tutte legate alla storia della medicina greca, di conseguenza all’Europa. Ippocrate (Coo, 460 a.C. circa – Larissa, 377 a.C) sostenne la teoria umorale ritenendo che le malattie fossero originate da uno squilibrio dei quattro umori del corpo (sangue, flemma, bile bianca e bile nera) proprio come lo squilibrio tra i dosha. Teoria degli umori che si ritrova nel Canone della Medicina di Avicenna (Ibn Sinā 980-1037 d.C.), il più famoso esponenente della medicina Unani-Tibb (araba o ionica) per sua stessa ammissione influenzato da Ippocrate e Galeno di Pergamo.


La diagnosi del polso, questo metodo che oggi sembra far così parte di culture lontane, è stato a noi molto vicino con Erastitrato vissuto nel III a. C., nel dipinto a lato mentre visita il polso di Antioco (figlio di Seleuco I Re di Siria). Stesso metodo utizzato dalla Medicina Tradizionale Cinese, da quella Tibetana e da quella Indiana, in quest’ultima ci raccontarono che l’origine del metodo era dovuto all’invasione araba in India, popolo di fede musulmana, dovendo visitare pazienti di sesso femminile, non potendo oscultare il corpo, esse traevano fuori dal velo che le copriva solo il braccio, unica parte visitabile. Tutto questo, che non è che una briciola della immensa storia dei legami fra le culture nei secoli, per arrivare a dire che si può lavorare in simbiosi, non in antagonismo, unendo la medicina tradizionale a quella allopatica, così,  come dimostra il film documentario di Ayurveda – arte di vivere, arte di guarire di Pan Nalin, vi si può ascoltare un medico greco che si è avvicinato all’Ayurveda e dopo averla studiata la applica nel suo lavoro quotidiano, si può apprendere che una radice utilizzata dai medici ayurvedici è stata studiata da un’Università di Medicina in India per scoprirne gli effetti su cellule leucemiche. Insomma avremmo molto da guadagnare gli uni dagli altri se solo fossimo più aperti e meno “settari”, c’è chi ancora parlando con me di medicina ayurvedica la definisce “quella roba da sciamani” ma alla base come spesso accade c’è l’ignoranza e allora il mio non è solo un’invito alla prova ed al confronto, ma anche e soprattutto allo studio ed alla lettura perchè non si può giudicare ciò che non si conosce ed alla fine si potrebbe prendere in considerazione l’idea di ristrutturare quell’antico ponte fra il continente asiatico e l’europeo.
Bibliografia:

– R. Labat, Traité akkadien de diagnostics et pronostics médicaux

– Antica Medicina Tibetana, Tavole miniate del Berillo azzurro, Sangye Gyamtso 

The Four Medical Tantras (rGyud-bZhi), Yuthok Yontan Gonpo il Giovane

Il filo degli insegnamenti, Ernesto Iannaccone